Secondo la leggenda, Benevento venne fondata intorno al 1200 a.c. dall’eroe greco Diomede dopo aver ucciso un grosso cinghiale che infestava le campagne circostanti. Per tale motivo, il cinghiale sarebbe diventato il simbolo della città. Le ricerche archeologiche, invece, non hanno restituito nessun tipo di elemento riconducibile al II millennio a.c., anzi, gli scavi condotti nella zona Cellarulo, nei pressi della confluenza tra i due fiumi beneventani, zona da tutti indicata come zona di primo insediamento, hanno restituito oggetti riconducibili solo ed esclusivamente alla civiltà sannitica. Non è infatti da escludere che il Cinghiale fosse in realtà l’animale totemico seguito dai Sanniti durante il loro Ver Sacrum di fondazione di Malies – Maloenton. Come molti sanno, infatti, il Cinghiale è l’animale sacro ai Caudini, una delle 4 tribù federate degli antichi Sanniti.

Ad ogni modo, al termine delle guerre sannitiche, Benevento, nel 290 a.C., diventa una colonia romana.  Sarà proprio qui che i romani riusciranno a sconfiggere Pirro nel 275 a.C e il felice evento spingerà i romani a cambiare nome alla città, che da Maleventum diventa appunto Beneventum. Il processo di romanizzazione della città avrà un’accelerazione nel corso della seconda guerra punica, quando Benevento si dimostrerà fedele a Roma inviando migliaia di volontari a contrastare l’avanzata di Annibale (214 a.C.), e raggiungerà l’apice nell’86 a.C. quando la città diventa Municipio Romano (S.P.Q.B.). Comincia per Benevento il periodo più florido della sua storia: la città è sede di scambi commerciali e fermenti culturali per via del suo posizionamento sulla Via Appia, numerose opere pubbliche fanno di Benevento una vera e propria meta turistica, la popolazione cresce e prospera.

Arco di Traiano, particolare (Ph. Pio Muto)

Del periodo romano è l’imponente Arco di Traiano, eretto nel 114 d.C. per celebrare la pacificazione dell’Impero. È infatti l’unico arco di trionfo dell’antichità a non rappresentare scene di guerra ma scene di pace tra l’impero e i popoli che premevano ai suoi confini. Altre opere del periodo romano sono: il teatro Romano, che poteva ospitare non meno di 12.000 spettatori; l’Anfiteatro, che venne smontato e usato come cava di pietra durante l’alto medioevo; il Ponte Leproso, che si trovava proprio sul tracciato della Via Appia; il Tempio di Iside di cui oggi possiamo ammirare l’obelisco lungo il Corso Garibaldi, il Bue Apis in Corso Dante e reperti neoegizi nel Museo del Sannio; oltre a numerosi edifici di cui oggi l’area archeologica dell’Arco del Sacramento costituisce una importante testimonianza.

Con lo spostamento dell’asse politico dell’Impero verso oriente, Benevento comincia lentamente a decadere, mantenendo comunque la sua importanza strategica, sia per il commercio che per gli eventi militari. È infatti un centro ambito anche per i bizantini, che fanno di tutto per conquistarla nel corso della guerra greco-gotica (535 – 553 d.C.). E’ in questa fase che la città si dota di potenti mura perimetrali, che poi i longobardi amplieranno ancora di più.

Che a Benevento si respiri ancora la grandezza di Roma è testimoniato dal fatto che i longobardi decideranno di stabilire proprio qui il loro ducato meridionale. Zottone, primo duca di Benevento, la conquista nel 571 e dà l’avvio ad una rinascita della città. Nel periodo longobardo, infatti, Benevento è sede di una delle zecche più importanti d’Europa, è la città del Sacrum Palatium, la sontuosa reggia longobarda che dovrebbe trovarsi sotto Piazza Piano di Corte, ed ospita Paolo Diacono, uno dei massimi storici medievali.

Chiesa di Sant’Ilario (Ph. Pio Muto)

Nel 760, Arechi II fonda la chiesa di Santa Sofia, molto originale per gli effetti prospettici che si creano tra il decagono che la delimita e la sua pianta esagonale, che presenta su ogni vertice colonne provenienti forse dal Tempio di Iside, con allegorie particolarissime sui capitelli. Santa Sofia, a cui venne da subito annesso un monastero femminile guidato da una sorelle del Duca, divenne famosa in tutta la cristianità per via del suo Scritporium all’interno del quale si utilizzava la scrittura beneventana, diffusa in molte parti d’Europa. Nel periodo longobardo la città si sposta sempre più in alto: la zona nei pressi dei fiumi viene abbandonata, la cinta muraria viene rinsaldata e i monumenti romani vengono utilizzati come cave dalle quali attingere materiali edili (ancora oggi, inoltrandoci nei vicoli, possiamo notare negli edifici medievali la presenza di numerosi elementi architettonici romani). In questo periodo viene costruita anche la Chiesa di Sant’Ilario, che intorno al 1148 aveva annesso un monastero e si trovava fuori dalle mura cittadine. Durante il principato di Arechi la città è un polo di attrazione culturale, come testimoniato dalla presenza di Paolo Diacono.

Nel 1077 muore l’ultimo duca longobardo Landolfo VI e l’assemblea cittadina propone al Papa di assorbire la città nel patrimonio della chiesa per evitare di cadere sotto il dominio dei Normanni, che avevano da poco vinto la battaglia di Civitate, la quale sancisce la conquista normanna del meridione e la fine dei principati longobardi. Da quel momento, fino alla conquista di Garibalddi nel 1859, Benevento sarà governata da Rettori nominati dal Papa.

Chiostro di Santa Sofia (Ph. Pio Muto)

Nel XII secolo Benevento si troverà al centro dei conflitti tra l’Impero e il Papato, con due assedi da parte di Federico II e lo svolgimento della celebre Battaglia di Benevento, combattuta tra Manfredi di Svevia e Carlo d’Angiò nel 1266 e cantata, fra gli altri, anche da Dante. In questo periodo si completa la costruzione del chiostro di Santa Sofia, oggi sede del Museo del Sannio, inconfondibile per via delle pittoresche colonne e per la costruzione degli archi a forma di ferro di cavallo. Nel 1280 si completano il campanile e la facciata del Duomo, che già i longobardi avevano fondato nel VII secolo. Il duomo, in stile romanico, con pianta a croce latina a cinque navate, divenne ben presto famoso in tutto il mondo soprattutto per le sue porte di bronzo, del 1220, all’epoca le più grandi del mondo cristiano. Distrutto nel bombardamento alleato del 1943, il Duomo venne ricostruito negli anni successivi, ma le navate vennero ridotte a tre.

Per tutto il XV secolo la città è lacerata da lotte intestine tra diverse fazioni, che ne impediscono lo sviluppo e che si concluderanno nel 1530 con la firma di una storica pace, per cui il quartiere dove tale accordo venne firmato assunse il nome di Pacevecchia, nome che conserva tutt’ora.

Nel 1688 e nel 1702, due tremendi terremoti devastano la città, distruggendo per sempre il campanile di Santa Sofia, del XII secolo e la cupola della chiesa. Solo grazie all’impegno del Vescovo Orsini, il futuro papa Benedetto XIII, Benevento tornerà a nascere. È di questo periodo la parte più moderna della Rocca dei Rettori, residenza dei delegati del Papa, ampliata sulla base del vecchio mastio alto medievale che i longobardi avevano ingrandito e trasformato in una porta d’accesso alla città.

Proprio a causa dei due terremoti, crolla il campanile di Santa Sofia, distruggendone il tetto. Il cardinale Orsini decide di far ricostruire il campanile non più a ridosso della chiesa ma più avanti, in corrispondenza del muro che all’epoca chiudeva l’attuale piazza.

Nel XVIII secolo la città farà gola anche ai Borbone, che l’occuperanno dal 1768 al 1774, e aderirà nel 1799 alla Repubblica Partenopea, per poi essere conquistata, nel 1806, dalle truppe napoleoniche che diedero vita ad un nuovo principato, donato da Napoleone al suo fido Talleyrand, il quale si dedicherà a numerosi interventi urbanistici tesi a razionalizzare lo sviluppo discontinuo e caotico del centro abitato, il più importante dei quali è l’abbattimento del muro che chiudeva il complesso di Santa Sofia, che così diventa una piazza, nella quale il Talleyrand fa costruire la fontana centrale.

Tornata allo Stato della Chiesa dopo il congresso di Vienna (1815), Benevento saluterà positivamente i moti risorgimentali e sancirà nel 1860 l’annessione al regno d’Italia con un plebiscito. La conseguente nascita della Provincia di Benevento darà uno slancio alla città e alla sua conformazione urbanistica: la cinta muraria viene in più parti abbattuta, le porte vengono aperte definitivamente e numerosi imponenti palazzi, necessari per il nuovo assetto dello Stato, riempiranno la città. Dal 1860 in poi Benevento comincia ad espandersi anche fuori le mura. Il periodo liberale trasformerà soprattutto Piazza Roma e il Corso Garibaldi, oggi epicentro della vita cittadina, con la costruzione del Teatro Vittorio Emanuele (poi Teatro Comunale). Anche durante il fascismo saranno tantissimi gli interventi architettonici, come ad esempio l’urbanizzazione del Viale degli Atlantici, l’abbattimento della storica Porta Rufina, la costruzione del palazzo della Camera di Commercio, il monumento ai Caduti in Piazza Castello, la sistemazione di Piazza Risorgimento e soprattutto l’urbanizzazione del Rione Libertà, conosciuto come “le palazzine”, nel quale abita un terzo dei cittadini beneventani. Ma il fascismo porterà l’Italia in guerra e la guerra sarà per Benevento una immensa tragedia, tanto da farle meritare la medaglia d’oro al valor civile per i grossi sacrifici patiti in quel periodo. I bombardamenti alleati del 1943, infatti, provocheranno oltre 3000 morti e la distruzione di numerosi edifici, tra cui il Duomo, la Fontana Orsini (oggi ricostruita e riposizionata nell’omonima piazza), le caratteristiche abitazioni di Via Posillipo e di Vico Bagni, di cui oggi rimangono solo vaghi ricordi nella toponomastica.

Hortus Conclusus (Ph. Pio Muto)

Nel dopoguerra saranno tantissimi i nuovi edifici che andranno a trasformare la città, dandole un aspetto più moderno, non sempre conciliante con la sua storia architettonica. Tra i monumenti del secondo dopo guerra occorre ricordare l’Hortus Conclusus, opera del maestro Mimmo Palladino, leader della transavanguardia, capace di riempire uno spazio precedentemente vuoto con un’architettura concettuale che richiama visitatori da ogni parte del mondo. Fondamentale per la città è stata l’istituzione dell’Università degli studi del Sannio, la quale è diventata volano di ricerca e sviluppo, capace di attrarre migliaia di studenti, anche stranieri, che popolano le piacevoli serate tra i tantissimi locali del centro storico.

Oggi Benevento guarda al futuro con serenità: una sempre maggior accortezza riservata al turismo e all’accoglienza potrà davvero fare della città una perla della Campania, con una qualità della vita molto più alta rispetto alle altre città del meridione, l’assenza di problemi connessi alla deindustrializzazione e una ampia filiera di eccellenza nel settore dell’enogastronomia. Dal liquore Strega al Vino Aglianico, dal Torrone ai tantissimi prodotti tipici come salumi e formaggi, Benevento saprà conquistare i turisti prendendoli anche per la gola, non solo catturando il loro sguardo con le sue magie.

LA LEGGENDA DELLE STREGHE

Il mito delle Streghe affonda le proprie radici nel culto di Iside, molto diffuso a Benevento in età imperiale, ma anche nelle tradizioni pagane longobarde. I due culti avevano molti simboli in comune, a cominciare dal serpente che veniva adorato da entrambe le religioni e che è presente in diversi elementi architettonici. Contro l’adorazione del serpente e i vari riti che i longobardi praticavano, si scagliò San Barbato, futuro vescovo di Benevento, il quale barattò l’aiuto militare e divino durante un assedio che i bizantini portavano contro la città, con la promessa del duca Romualdo di convertirsi al cristianesimo e di proibire i culti pagani. Benevento scampò all’assedio e il duca, riconoscente, tagliò l’albero attorno al quale si praticavano tali riti, anche se la leggenda vuole che egli, di nascosto, continuasse a venerare il serpente. Era il 667 d.C., ma il taglio dell’albero non contribuì a soffocare la fama di città delle streghe che Benevento aveva acquisito.

Le cronache medievali, nonché diversi libri di demonologia del XVI-XVII secolo, raccontano che le campagne intorno alla città erano infestate da donne dedite alla magia nera e ad altre manifestazioni anticristiane. Provenienti da tutta Europa, si recavano a Benevento per apprendere l’arte della magia e per praticare riti sabbatici a cui partecipavano migliaia di persone. Almeno una ventina di autori narrano che le streghe si incontravano attorno ad un gigantesco Noce, che probabilmente si trattava di una mitizzazione dell’albero già tagliato per opera di San Barbato. Di certo, dalla seconda metà del XVI secolo in poi, molte donne sono state processate dal Tribunale della Santa Inquisizione per stregoneria, rilasciando confessioni estorte con la violenza e quindi poco veritiere, con le quali si alimentava il mito di incontri demoniaci intorno al fantomatico Noce, che in tanti hanno cercato ma che mai nessuno ha potuto individuare con certezza. Più verosimilmente, le streghe non erano altro che guaritrici, esperte di erbe mediche, oppure donne sole, girovaghe, che si aggregavano in comunità per contrastare le difficoltà della vita dell’epoca. Nella società medievale, infatti, la donna era già molto discriminata, e la donna sola, che viveva senza un maschio che la proteggesse, era vista come una sicura peccatrice. L’ignoranza e la superstizione facevano il resto.

Benevento Longobarda

Benevento Longobarda è un ciclo di rievocazioni storiche incentrate sulla figura di Arechi II, ultimo Duca e primo Principe di Benevento, a cui sono legati alcuni avvenimenti fondamentali per la storia della città.

L’idea è nata in seguito all’iscrizione del complesso monumentale di Santa Sofia nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco all’interno del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi di culto e di potere (568-774 d.C.)”. La Chiesa di Santa Sofia, infatti, a prescindere dal suo valore artistico, è testimonianza di un periodo di splendore per la città, simbolo di una civiltà che ha lasciato tracce indelebili nella storia, emblema di una cultura che ha penetrato profondamente la società e il territorio. Come la chiesa, anche tutta la parte della città che venne edificata dai longobardi rimane a costituire patrimonio di una civiltà, per questo è nostra intenzione riscoprirla e rivalorizzarla attraverso percorsi di “living history”, consentendo ai partecipanti all’evento di vivere la storia in prima persona, tuffandosi nella Benevento Longobarda di 1250 anni fa.